17 gen 2022

Intervista all'associazione “Basta Violenza”. Come nasce, da chi è costituita e cosa si prefigge

L'associazione Basta Violenza nasce proprio per lanciare la petizione “La violenza non ha sessohttps://chng.it/qx42CH8H ed è costituita da vari membri della variegata galassia antimisandrica (per Misandria si intende odio e disprezzo per il genere maschile così come misoginia lo è per il genere femminile), un insieme di gruppi, associazioni, personalità che si prefiggono di combattere il diffuso pregiudizio sessista contro i maschi. “Abbiamo contattato associazioni e studiosi che si occupano sul campo di questo tipo di problematiche ed elaborato insieme il testo della petizione, poi siamo partiti”, ci spiega il professore Renato Rapino, presidente dell'associazione Basta Violenza.

La scelta di questa tematica specifica (la violenza domestica) tra le tante che riguardano le discriminazioni verso le persone di sesso maschile ha una duplice motivazione. Quella immediata, di dare una risposta alle vittime di sesso maschile ed una più generale di natura politica e sociale. Lo stereotipo misandrico “l'uomo SEMPRE carnefice e la donna SEMPRE vittima”, pur contrastando con l’esperienza e il buon senso, è diventato luogo comune grazie al bombardamento mediatico. Come effetto gli uomini sono diventati cittadini di serie b con diritti diminuiti o negati, come nel caso oggetto della petizione.

Sul perché questo avvenga, come mai i media si accaniscano nel diffondere la cultura misandrica, non posso rispondere come associazione perché, evidentemente, ciò attiene alla lettura politica della realtà che non è omogenea tra tutti i soggetti che la compongono.

A livello personale o almeno condivisa dalla componente di sinistra, rimando ad un mio articolo che inquadra la misandria come asse portante del politicamente corretto inteso come l’attuale “oppio dei popoli”.

Scrissi l’articolo in occasione della candidatura del nostro compagno Fabrizio Marchi alle scorse elezioni romane nelle liste, come indipendente, del PC guidato da Marco Rizzo. Evento particolarmente importante perché proprio la sinistra è più appiattita sui cliché misandrici.

Vorrei conoscere i numeri che possedete come associazione sulla Violenza di Genere


E numeri siano. In effetti tra chi contesta l’apertura dei centri antiviolenza alle vittime maschili l’argomentazione principe è l’esiguità del numero delle stesse. Il diritto si basa sul concetto “la legge è uguale per tutti” e non richiede che si raggiunga un certo quorum. Inoltre, da un punto di vista pratico, se le vittime maschili fossero così poche o addirittura nessuna, perché non farle accedere ai centri antiviolenza? Non creerebbero nessun carico di lavoro in più. L’assurdità delle motivazioni discriminatorie derivano dalla loro manifesta pretestuosità. Analizziamo dal punto di vista quantitativo e qualitativo la violenza domestica contro gli uomini.

Riporto solo i risultati un’indagine sulla vittime maschili di violenza domestica pubblicata dalla “Rivista di Criminologia, Vittimologia e Sicurezza”. In nota la testimonianza del dott. Fabio Nestola:

Sulla violenza fisica subita dagli uomini: il 63,1% del campione dichiara di aver subito almeno un episodio di violenza fisica per mano di una donna nel corso della propria vita. Proiezione sulla popolazione maschile della fascia d’età 18 – 70 anni: 5.031.000. Ne deriva che oltre 5 milioni di uomini, il 24,3% del totale, avrebbero subito almeno una violenza fisica per mano di una donna nel corso della vita.

Sulla violenza sessuale che, secondo il “pensiero” corrente, sarebbe impossibile nei confronti degli uomini. Il 48,7% del campione dichiara di aver subito almeno un episodio di violenza sessuale ad opera di una donna nel corso della propria vita. Proiezione sulla popolazione maschile della fascia d’età 18 – 70 anni: 3.883.000. Ne deriva che oltre 3,8 milioni di uomini, il 18,7% del totale, avrebbero subito almeno una violenza sessuale ad opera di una donna nel corso della vita.

Violenza psicologica ed economica. Il 77,2% del campione dichiara di aver subito almeno un episodio di violenza psicologica ad opera di una donna nel corso della propria vita. Proiezione sulla popolazione maschile della fascia d’età 18 – 70 anni: 6.155.000 Ne deriva che oltre 6 milioni di uomini, il 29,7% del totale, avrebbero subito almeno una violenza psicologica ad opera di una donna nel corso della vita.

Atti persecutori. Il 31,9% del campione dichiara di aver subito almeno un atto persecutorio ad opera di una donna nel corso della propria vita. Proiezione sulla popolazione maschile della fascia d’età 18 – 70 anni: 2.543.000 Ne deriva che oltre 2,5 milioni di uomini, il 12,3% del totale, avrebbero subito almeno un atto persecutorio ad opera di una donna nel corso della vita.

Sempre sull’entità numerica del fenomeno segnalo l’ottimo lavoro della rivista “La fionda” diretta dal dott. Davide Stasi. Insieme al suo staff è andato a scovare nei media i fatti di cronaca relative alla violenza contro gli uomini. Lavoro difficile dato il minimo spazio che vien loro dedicato. Per il 2021 sono stati trovati 311 casi di violenza di donne contro gli uomini.

Segnalo inoltre il lavoro di due giornaliste e scrittrici, Barbara Benedettelli e Glenda Mancini, della criminologa Patrizia Montalenti, presidente del centro Ankira, di Antonella Baiocchi, assessore alle pari opportunità di San Benedetto del Tronto, autrice del testo “La violenza non ha sesso”, di Francesca Beneduce, giornalista, criminologa, eletta Presidente della Commissione Pari Opportunità della Regione Campania in qualità di esperta nel 2013. Ma una delle mie preferite è la regista americana Cassie Jaye, autrice del documentario “Red Pill” sul movimento per i diritti degli uomini negli USA. La presenza femminile nella battaglia per i diritti maschili è numerosa e qualificata. Tutte vere donne che non hanno bisogno di degradanti quote rosa e corsie preferenziali, che anzi si affermano, percorrendo la difficile strada della critica al pensiero dominante.

(“last but not least” la voce “violenza contro gli uomini” di wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Violenza_contro_gli_uomini).



Chi sono gli uomini che avete soccorso

Per rispondere a questa domanda “lascio la parola” alla psicologa clinica giuridica Fulvia Siano, un'altra donna a difesa dei diritti di tutti, anche dei maschi. Un'altra “ancella del patriarcato”, secondo la demagogia misandrica. La dott.ssa Siano è tra le fondatrici del “Centro antiviolenza Perseo” che accoglie anche vittime maschili privatamente, cioè senza ricevere soldi pubblici, al contrario dei centri antiviolenza che accolgono solo vittime femminili. Il centro antiviolenza Perseo è il primo promotore della nostra petizione. Qui presentiamo un video dove la dott.ssa Siano è intervistata dal dott. Marco Crepaldi, psicologo sociale, anche lui promotore della petizione “La violenza non ha sesso”.

Invitiamo tutti a seguire il video dove l’intervistata, oltre alla competenza, mostra tutta la sua carica umana e forte simpatia. Qui di seguito segnalo le principali tematiche emerse.

La dott.sa Siano decise di fondare l’associazione, insieme alla dott.ssa Alessandra Cova, anche lei psicologa clinica e giuridica, proprio per dare un centro d’ascolto alle vittime maschili, di qualunque età ed orientamento sessuale, che ne erano privi.

Da subito, l’associazione ha dovuto affrontare incredulità, scetticismi, critiche ma anche vere e proprie intimidazioni. Sul parabrezza della sua auto, la dott.ssa Fulvia Siano si ritrovò un biglietto con su scritto “crepa stronza non si difendono gli uomini”.

Anche uomini impegnati nella critica alla cultura misandrica, guardavano con sospetto il centro, pensando che accogliesse gli uomini per “addomesticarli” invece che per ascoltarli ( anche io, nel proporre la petizione, ho dovuto affrontare critiche dall’interno del movimento antimisandrico. Molti ritenevano I centri antiviolenza irrecuperabili ad una cultura e ad una prassi paritaria per via della loro storia intrisa di ri/sentimenti antimaschili, NDR).


Il centro accoglie vittime di entrambe i sessi, andando anche oltre la violenza domestica ma interessandosi di tutte le forme di violenza (che io definirei di “prossimità, NDR) quali il mobbing, il bullismo, ecc. dove il genere del carnefice e della vittima contraddicono ulteriormente lo stereotipo sessista manicheo. In molti casi vittime e carnefice sono dello stesso sesso.

Tra gli uomini che si rivolgono al centro i più numerosi sono i padri separati. Viene negato loro il diritto di vedere i figli e sono spesso vittime di denunce di maltrattamenti totalmente infondate. L’onere della prova, che dovrebbe essere a carico dell’accusa, ricade sull’accusato che deve dimostrare la sua innocenza. Le lungaggini giudiziarie fanno il resto.

Anche se la maggioranza degli uomini e vittima di violenza psicologica ( ma essere vittima di false accuse che tipo di violenza è? NDR) ci sono anche uomini “che hanno preso le botte” e molti, specie tra i giovani, vittime di stalking da parte delle ex.

Gli uomini hanno difficoltà a riconoscersi come vittime perché fanno la figura di persone deboli.

Il centro antiviolenza Perseo accoglie maltrattati di entrambe i sessi ma si occupa anche, attraverso la giustizia riparativa, del recupero dei maltrattanti di entrambi i sessi. Solo occupandosi di entrambe le figure si svolge efficacemente il compito di contrasto alla violenza.

Lo stereotipo, uomo sempre carnefice, donna sempre vittima, impedisce di affrontare efficacemente il tema della violenza. Un anziano uomo maltrattato da una badante donna non verrebbe accolto dai centri antiviolenza “normali”, come anche un gay maltrattato dal proprio compagno o una lesbica maltrattata dalla propria compagna perché non rientrano nello schema, NDR).

La violenza contro le donne desta scandalo, quella contro gli uomini ilarità. Doppio standard.


Ci sono delle importanti differenze su come avviene una violenza a una donna e a un uomo?


Da un punto di vista etico certamente no, perché trattasi sempre di violenza. Poca importanza se si usano pugni invece che calci. Mi sembra anche piuttosto specioso fare differenze, in termini di gravità, tra violenza fisica e psicologica anche per la loro stretta interconnessione (“le martellate in testa possono ferire l’anima”, da un film di Rainer Werner Fassbinder).

La demagogia misandrica agisce negando e/o minimizzando la violenza contro gli uomini e di questo abbiamo già trattato. Simmetricamente ha bisogno di ingigantire la violenza contro le donne, mostrandola come un fenomeno sociale diffuso e non come singoli fatti di cronaca criminale. Dopo di che, con un meccanismo generalizzante/criminalizzante ne addossa la colpa all’intero genere maschile per una qualche tara di tipo biologico, culturale di cui sarebbe affetto. È evidente la strutturale uguaglianza con il razzismo ed infatti qualunque democratico decente la respingerebbe se il bersaglio fosse un’etnia specifica ma contro gli uomini viene accettata.

Femminicidi

Cominciamo col parlare dei cosiddetti femminicidi. La definizione è alquanto ambigua ma dovrebbe riferirsi a donne uccise dal proprio partner in ambito di una relazione “tossica”. Fermo restando che è vero che donne uccise in quest’ambito ci sono, che sono più degli uomini e che vorremmo non ce ne fosse nemmeno una, rileviamo che i dati vengono dolorosamente gonfiati.

Vengono cioè contate anche donne uccise per motivi economici, che so, il nipote tossico che ammazza la nonna per rubarle la pensione o, ancora peggio, omicidi maturati in situazioni disperanti. Per es. “Amelia (Terni), 25 dicembre – medico in pensione uccide la moglie gravemente malata Casalbordino (Chieti), 26 dicembre – metalmeccanico in pensione uccide la moglie gravemente malata. Entrambe le povere donne erano malate da tempo in maniera irreversibile: Alzheimer in stadio avanzato; il gesto dei mariti non nasce dall’odio ma dalla pietà, dalla disperazione, dalla esasperazione per non poter più fare nulla”. Anche questi delitti finiscono nel calderone dei femminicidi.

Dall’ultimo report della polizia criminale risulta che le donne uccise dal proprio partner o ex sono state 60 “sì, ma con quale movente? Tutti per gelosia, incapacità di sopportare l'abbandono, dominio patriarcale, deviato senso del possesso? Lo saprete soltanto quando noi de "La Fionda" nel gennaio prossimo faremo il check caso per caso, ma possiamo già anticipare che la casistica davvero rientrante nella ancor vaga e indefinita categoria di "femminicidio" si aggirerà tra le 30 e 40 vittime. Sempre troppe, non ci piove. Anche una sarebbe troppo”. Ma certo con 30/40 uccise o fossero anche tutte e 60, in un Paese popoloso come l’Italia, non possiamo parlare di fenomeno sociale ma solo di singoli, odiosi crimini.

Le false accuse

Qui la demagogia misandrica raggiunge il suo capolavoro. Dovrebbero essere inquadrate come violenza contro gli uomini e invece, conteggiando solo le denunce e non andando a vedere che fine fanno, contribuiscono a gonfiare artificialmente il fenomeno della violenza contro le donne. Dobbiamo molto al lavoro di controinformazione e demistificazione de “la fionda”: per il 2021 le denunce di violenze sbugiardate dalle sentenze sono state 342.

Come ha anche spiegato nell’intervista Fulvia Siano, sono diventata prassi comune soprattutto in fase di separazione e riescono a garantire alla moglie tutto e al marito niente. Per quest’ultimo si prospetta una vita di miseria ed anche la dolorosa impossibilità di rivedere i propri figli. Insomma, la moglie separata, tramite false accuse, si può togliere il marito di torno, continuando a vivere con l’assegno di mantenimento e soddisfacendo il proprio più o meno legittimo risentimento verso l’ex... Mi sembra che i motivi per mentire ci siano tutti.

A quanto pare esiste un reato denominato “induzione al suicidio”. Sono circa 200 i padri separati che si tolgono la vita ogni anno. Sarebbe tanto sbagliato definirli “maschicidi”?

Qual è l'obiettivo della petizione che avete lanciato e cosa vi augurate di ottenere.

“Siamo realisti, chiediamo l’impossibile” si gridava nel ’68. In effetti, come mi pare di aver argomentato, lo stereotipo “uomo SEMPRE carnefice, donna SEMPRE vittima” è il cuore della demagogia misandrica e, la petizione “la violenza non ha sesso” si scontra con esso in maniera frontale, senza mediazioni. Quando si dice “prendere il toro per le corna”.

Vediamo quello che già abbiamo ottenuto:
- Abbiamo dato la possibilità di esprimersi direttamente ai cittadini, raccogliendo, al momento, più di 2500 firme. 

- In alcune realtà locali, per es. San Benedetto del Tronto, il comune non discrimina le vittime maschili. Naturalmente, non possiamo ascriverla come risultato della petizione ma il rapporto instaurato con quelle istituzioni sicuramente giova alla battaglia comune.
 

- Mobilitato professionisti, intellettuali, associazioni intorno ad un obiettivo concreto.


- Inviando periodicamente alle istituzioni la nostra petizione, abbiamo ricevuto risposte interlocutorie.


- Consideriamo un successo anche questa intervista perché ci dà la possibilità di farci conoscere.

La strada è ancora lunga. Non riusciamo ad avere un dibattito pubblico ed aperto con chi contesta le nostre tesi. Non riuscendo a confrontarsi con la Murgia (nota cariatide della misandria), Davide Stasi ha realizzato un interessante confronto simulato con la stessa.

L’obiettivo finale resta quello di aprire centri convenzionati aperti anche alle vittime maschili per poi uscire dagli angusti confini della violenza domestica ed affrontare il fenomeno più ampio della violenza di prossimità in un’ ottica inclusiva.

Per me, insegnante di sostegno, l’inclusione è la mission professionale ed esistenziale. Nella scuola, come in tutta la società, l’inclusione non si persegue con la parossistica proliferazione delle categorie protette come purtroppo sta avvenendo. In questo modo si genera esclusione, perché qualcuno resta sempre fuori e si svilisce il senso e la funzione di “categoria protetta”. In democrazia l’inclusione si persegue attuando la caratteristica fondamentale delle legge, la generalità cioè la sua applicabilità a tutti.

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